La Storia
Dal rischio di estinzione ad eccellenza gastronomica
La Cinta Senese è una razza dalle antiche origini, probabilmente già allevata al tempo degli Etruschi e dei Romani. Le prime attestazioni sicure della sua presenza risalgono al tardo Medioevo, come testimonia la rappresentazione di un animale con caratteristiche simili a quelle attuali nell’affresco del 1338 di Ambrogio Lorenzetti intitolato “Gli effetti del Buon Governo in città e in campagna”, situato nella sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena. La razza è stata anche raffigurata in altri dipinti e affreschi precedenti, risalenti al XII secolo.
La razza era probabilmente conosciuta anche al di fuori della Toscana. Venne ritratta infatti anche in altri dipinti, ad esempio nella Cappella dell’Annunziata della Chiesa di San Sebastiano di Venezia, in un’opera pittorica di esecuzione faentina, datata 1510.
Fino agli anni ‘50, la maggior parte delle famiglie contadine toscane allevava questo suino. Negli anni ‘30, l’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di Siena aveva attuato un’azione di miglioramento genetico e predisposto l’apertura di un Libro genealogico.
Il registro della Cinta Senese venne chiuso negli anni ’70 a causa della drastica contrazione demografica. Essendo una razza poco prolifica, rischiava l’estinzione dopo l’introduzione delle razze straniere negli anni ’60 e ’70. Fu salvata quando ormai si contavano solo poco più di 40 esemplari. Nel 1927 in Italia esistevano 21 razze suine, la maggior parte delle quali sono state quasi del tutto estinte con l’arrivo delle più produttive razze danesi e inglesi, provocando una perdita significativa del patrimonio genetico suino. Tra le poche rimaste, oltre alla Cinta Senese, figurano la Siciliana, la Sarda, la Mora Romagnola, la Casertana e la Nera Calabrese.
Solo per la Cinta Senese è stata intrapresa una via di pieno recupero e diffusione. Negli anni ’30, l’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di Siena avviò un’azione di miglioramento genetico e istituì un Libro genealogico. Questa razza si è diffusa grazie alla sua robustezza, rusticità e alla facilità di adattamento all’allevamento allo stato brado e semibrado, sia nel bosco che nelle distese erbose adibite a pascolo, dove trova parte del suo sostentamento nutrendosi di frutti del bosco, erba e cereali. Fino agli anni ’50, la maggior parte delle famiglie contadine toscane allevava questo suino.
Il registro venne poi chiuso negli anni ’70 a causa della forte contrazione demografica. Essendo una razza poco prolifica, rischiò l’estinzione dopo l’introduzione di razze straniere negli anni ’60 e ’70, ma fu salvata quando ormai si contavano solo poco più di 40 esemplari. Negli anni ’90, seguendo un crescente interesse per un consumo più naturale e per il ritorno ai sapori autentici, in Toscana si è ripreso ad allevare la Cinta Senese in purezza, rispettando i suoi ritmi naturali di riproduzione (massimo 6/8 cuccioli per covata) e garantendole le condizioni di allevamento allo stato brado o semibrado, ideali per questa razza rustica.
Grazie all’impegno di alcuni appassionati allevatori della zona d’origine e dell’Associazione Senese Allevatori, la razza è sopravvissuta agli anni difficili tra il 1970 e il 1980.
Il 7 agosto 1997 e il 6 marzo 2001 sono due date importanti della recente storia della popolazione di suini appartenenti al tipo genetico Cinta Senese. La prima data è quella del Decreto con il quale il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali istituì un’apposita sezione del Libro Genealogico della specie suina per la salvaguardia della razza. La seconda, invece, coincide con l’istituzione del Registro Anagrafico della specie suina da parte dello stesso Ministero con DM 20871 del 6.3.2001 successivo alla legge del 3 agosto 1999 n. 280 ed è gestito dall’Associazione Nazionale Allevatori Suini. È lo strumento per la conservazione e salvaguardia delle razze suine.
Grazie agli interventi effettuati, la popolazione di Cinta Senese è stata interessata da un intenso sviluppo demografico. Nel 1998 (anno di inizio attività) erano iscritti al Registro 38 allevamenti toscani, 16 dei quali in provincia di Siena, che allevavano complessivamente 142 scrofe, 36 verri e 348 “allievi” di Cinta Senese. L’impegno e l’entusiasmo degli allevatori, la sensibilità ed il sostegno delle istituzioni pubbliche (Regione Toscana e Provincia di Siena), la migliore organizzazione del lavoro assicurata dal Registro Anagrafico hanno favorito una costante espansione della razza.
Negli anni, il numero degli allevamenti è andato aumentando notevolmente fino a toccare il picco massimo nel 2007 con 210 allevamenti. Ogni anno vengono allevati circa 4000 animali nell’ambito delle aziende che aderiscono alla DOP. La carne di Cinta, per il particolare pregio derivante proprio dal particolare metodo di allevamento, è ormai diventa una delle eccellenze gastronomiche italiane.
La dedica di un monumento e di una strada
È probabilmente l’unica razza di suini che può vantare la dedica di un monumento e persino di una strada. È infatti con un monumento ad essa dedicato che si è pensato di celebrare il salvataggio dal rischio di estinzione della Cinta Senese, celebrandone l’importanza e anche il suo stretto legame con il territorio.
La scultura fu inaugurata nel 2008 a Sovicille, comune situato a pochi chilometri da Siena e ai piedi della Montagnola, dall’allora sindaco Alessandro Masi. Grazie al contributo dell’Amministrazione Provinciale di Siena è stata realizzata in marmo della Montagnola Senese dallo scultore senese Piergiorgio Balocchi. Un piedistallo in marmo giallo e sopra un maialino nero con la classica cintura bianca, è collocato nel cortile della Campana del Palazzo Comunale.
Nel borgo di Simignano, una frazione dello stesso comune di Sovicille sulle pendici della Montagnola, anche una strada, proprio quella principale che porta al piccolo centro abitato e lo attraversa, è dedicata alla Cinta. La segnaletica indica inequivocabilmente: “Via della Cinta”.